Pime

Il Pontificio Istituto Missioni Estere è una Società di Vita Apostolica, Cattolica e internazionale, dedicata alla proclamazione di Cristo fino ai confini della terra.

Sito Web: http://www.pime.org/index.php/it/


Mondo e Missione: La rivista online del PIME


Il PIME é stato fondato da Monsignor Ramazzotti nel 1850. Di seguito la sua scheda scritta da P. Piero Gheddo ripresa dal sito http://www.atma-o-jibon.org/italiano3/angelo_ramazzotti1.htm che potete seguire per saperne di piú.

 

"Un uomo non del nostro tempo, ma per il nostro tempo, dal quale abbiamo tanto da imparare". Così Angelo Montonati dice di Angelo Ramazzotti, di cui ha scritto la biografia ("L'Angelo dei popoli", EMI ottobre 2000, pagg. 230). Francesca Consolini, autrice della "Positio" (biografia documentata per la causa di canonizzazione, pagg. 720), l'ha definito "uno dei più grandi vescovi italiani del tempo pre-unitario". Il card. Angelo Roncalli, patriarca di Venezia, diceva di lui: "Fu un uomo d'eccezione, fu un santo".

Lo spirito missionario di Ramazzotti

In quest'anno 2000 il Pime celebra 150 anni e il suo Fondatore, ormai vicino alla beatificazione, merita di essere più conosciuto. Nato nel 1800 a Milano da famiglia benestante di Saronno, si laurea in diritto civile ed ecclesiastico a Pavia nel 1823 e poi lavora in uno studio legale a Milano. Era un bel ragazzo, ricco e di buoni sentimenti, avrebbe potuto crearsi una famiglia: invece decide di donarsi a Dio e nel 1829 è ordinato sacerdote diocesano. La sua santità ha due caratteristiche: spirito missionario, amore e condivisione con i poveri, le due leve per il rinnovamento della Chiesa nel secolo XIX e anche all'inizio del terzo millennio che stiamo vivendo.

Ramazzotti era uno spirito missionario. Fin da giovane sognava le missioni lontane, ma il suo direttore spirituale gli dice che la sua missione è qui in Italia. Si dedica con passione alla predicazione tra i missionari Oblati di Rho: in pochi anni compie centinaia di missioni al popolo e ritiri spirituali, andando nei luoghi più impervi e isolati. Era apprezzato soprattutto perchè parlava un linguaggio comprensibile e trasmetteva entusiasmo per la fede. Di vita austera e sacrificata, dedicava molte ore alla preghiera. Il primo biografo, don Pietro Cagliaroli, suo segretario a Venezia, scrive di lui: "Dal meditare a lungo e dal celebrare con fervore i divini misteri gli derivò quell'abituale raccoglimento e unione con Dio che lo tennero sempre ordinato nei pensieri, negli affetti e nelle azioni".

Nel secolo XIX l'Europa scopre i popoli d'Asia, Africa e Oceania: continenti nuovi vengono esplorati e colonizzati. Ramazzotti, conoscendo la passione missionaria dei giovani chierici e sacerdoti ambrosiani di cui era direttore spirituale, sogna di mandarli in missione mantenendo i legami con la propria diocesi: le missioni erano infatti affidate a ordini e congregazioni religiosi, preti e laici diocesani ne erano esclusi.

Nel 1947 Pio IX manda a dire all'arcivescovo Romilli di Milano di fondare un seminario per le missioni estere. Ramazzotti, superiore degli Oblati di Rho, si offre di realizzare il progetto, mettendo a disposizione la sua casa di Saronno. Così, il 31 luglio 1850 vi apre il "Seminario lombardo per le missioni estere" con cinque sacerdoti e due laici, approvato e fatto proprio dai vescovi lombardi il 1° dicembre dello stesso anno. In 150 anni il Pime ha dato alla Chiesa circa 1670 sacerdoti e laici consacrati a vita alla missione, che hanno fondato 40 diocesi in quattro continenti, con 18 martiri e 64 vescovi. Oggi i 550 missionari del Pime sono presenti in 19 paesi dei cinque continenti.

Quattro le caratteristiche profetiche date da Ramazzotti al "Seminario lombardo per le missioni estere", rimaste nella nostra tradizione più autentica e profonda:

1) Inviare preti diocesani e laici in missione, senza voti religiosi, per coinvolgere le Chiese locali, il clero e il popolo alla missione ad gentes. Il Seminario voleva essere espressione delle diocesi che l'avevano fondato e inserirsi totalmente nelle Chiese locali che fondava.

2) Lo scopo unico del Seminario lombardo era il primo annunzio di Cristo ai non cristiani e la fondazione della Chiesa dove ancora non esisteva; e quando la Chiesa era fondata con proprio vescovo e clero, abbandonare tutto e ricominciare da capo in altra missione vergine assegnata da Propaganda. "Il pensiero delle missioni, nel senso strettissimo della parola, dominava tutto", scrive lo storico p. G.B. Tragella riferendosi a quei primi tempi.

3) Nella scelta della missione, lo spirito della fondazione era di andare ai "popoli più lontani e più abbandonati": così nella prima missione in Oceania e poi più volte nella nostra storia, accettando da Propaganda missioni abbandonate o rifiutate da altri.

4) Spirito comunitario nella missione alle genti: le missioni erano affidate dalla Santa Sede al Seminario lombardo, che formava comunità di missionari impegnate a fondare la Chiesa; non inviava sacerdoti isolati, ma comunità di evangelizzatori.

Anche i preti diocesani sono missionari

Ramazzotti manifesta il suo spirito missionario anche nell'episcopato a Pavia (1850-1858) e Venezia (1858-1861). Voleva un clero apostolico, e ne dà per primo l'esempio: aveva un ritmo di lavoro di 14-15 ore al giorno, in pochi anni si è bruciato dandosi tutto agli altri. La sua tavola era frugalissima, muore in estrema povertà (aveva venduto tutto per i poveri) il 24 settembre 1861, tre giorni prima di ricevere la berretta cardinalizia da Pio IX. Quando viene a sapere, mesi prima, che il Papa vuol farlo cardinale, scrive al card. Antonelli, segretario di stato: "Dica al Santo Padre che per piacere non mi faccia Cardinale, il denaro mi serve per altro". Gli serviva per i poveri.

Nell'episcopato a Pavia e Venezia si distingue per un infaticabile ardore apostolico. Metropolita della regione triveneta, Ramazzotti convoca diverse volte i vescovi e celebra il primo Concilio provinciale del Triveneto nell'ottobre 1859. Per la prima volta da più d'un secolo, nei soli tre anni e mezzo di permanenza a Venezia, compie la visita pastorale nelle parrocchie del patriarcato e manda le prime suore italiane in missione: nel 1860 partono da Venezia le Canossiane per Hong Kong (alle quali fa cambiare le Costituzioni per poterle mandare in missione) e le Suore di Maria Bambina per il Bengala indiano, in aiuto ai missionari del suo Seminario lombardo per le missioni estere.

Ramazzotti esorta i sacerdoti a vivere in piccole comunità e lui stesso ne prende alcuni con sè in episcopio (la sua "famiglia"), che inviava come sostituti di sacerdoti ammalati o per le missioni al popolo. La prima visita pastorale che fa nel luglio 1858 è alle parrocchie povere dell'Estuario. Si accorge che ci vivono pochi preti, lancia un appello, ma nessuno vuole andare in terre così povere. Allora Ramazzotti pubblica una lettera al clero che meriterebbe di essere ripubblicata oggi. Dice il suo dolore perchè nessuno si è presentato: "la povertà è la divisa del prete", che dovrebbe pretendere di essere mandato in quelle situazioni di povertà, non rifiutare di andarci.

Un inesauribile spirito di carità

Visita spesso ospedali e carceri, istituisce opere per la gioventù abbandonata e per i poveri, scuole regolari e serali, ecc. L'Italia l'hanno fatta i re, i diplomatici, i generali e i garibaldini, ma gli italiani li hanno fatti i santi come Ramazzotti. L'ottocento italiano è ricco di figure come la sua, vescovi, preti e suore, impegnati nell'educazione, nella sanità, nell'aiuto ai poveri, nel ricupero degli handicappati, dei marginali e di chi aveva sbagliato.

Mentre è vescovo a Pavia ci sono grossi disastri naturali: il colera e l'inondazione del Po e del Ticino: con scarsi mezzi realizza miracoli di assistenza e si reca in barca a visitare, uno per uno, i paesi allagati, suscitando l'ammirazione delle autorità e del popolo. Il suo amministratore lo rimproverava perchè spesso dava tutto quel che aveva in carità.

Aveva una speciale predilezione per le carceri, i grandi penitenziari per i prigionieri politici, i Piombi, la Giudecca: nomina dei cappellani per i detenuti e per gli ospedali e lui stesso predica gli esercizi spirituali nelle carceri maschile e femminile e nella casa di redenzione delle prostitute. A Pavia si faceva affidare dalla polizia imperiale delinquenti minori, non voleva andasseero in prigione.

Ramazzotti amava la carità organizzata, creava opere col sigillo della continuità. Ad esempio aiutava le "Pie case d'industria", istituti che accoglievano i poveri e davano loro da mangiare e da dormire e quando potevano li impiegavano anche in qualche lavoro. Convogliava la carità in questi istituti, aiutava le case dei derelitti o delle donne che venivano ricuperate, le scuole per sordomuti... A Venezia istituisce un ricovero per i fanciulli "vagabondi e delinquenti", la piccola malavita che c'era già allora. A Pavia fonda le scuole serali per i ragazzi che lavoravano durante il giorno.

A Venezia c'era a quel tempo una situazione di grande miseria. In occasione di una delle tante carestie, Ramazzotti pubblica una lettera pastorale in cui raccomanda di guardare a chi sta peggio, non a chi sta meglio, e di aiutare chi non ha il necessario. Ma parla anche ai poveri, dicendo loro: non adagiatevi nella vostra povertà ed a ricevere dagli altri il necessario alla vita; datevi da fare, impegnatevi a trovare il vostro cibo e lavoro...

Rapporti evangelici con il potere politico

Ramazzotti era nato nel Lombardo-Veneto e riconosceva nell'Imperatore d'Austria il legittimo Sovrano, non era un patriota per l'unità d'Italia, ma sapeva anche prendere posizioni contro il governo. Da vescovo di Pavia e patriarca di Venezia tiene i rapporti col governo austriaco a nome dell'episcopato del Lombardo-Veneto: è nominato consigliere privato della Corona d'Austria e membro del consiglio della Corona imperiale a Vienna (parlava bene il tedesco).

Ma quando la Luogotenenza austriaca, mentre Ramazzotti è a Pavia, gli chiede l'elenco dei professori da nominare nel ginnasio vescovile, si rifiuta di consegnarlo perchè quello era compito del vescovo, che si basava, al di là delle idee politiche, sulla loro moralità e capacità d'insegnamento. Quand'era patriarca di Venezia, ha avuto sacerdoti arrestati, accusati di cospirazioni politiche: ha saputo difenderli con fermezza ed equilibrio.

Così non accetta il "Catechismo imperiale", che il Ministero del culto di Vienna imponeva alle diocesi italiane. Siamo nel periodo pre-unitario e l'Austria voleva servirsi dei parroci con questo Catechismo imperiale per instillare nella gente l'idea che, se si disobbediva all'Imperatore, si disobbediva a Dio. A Pavia, Ramazzotti lo rifiuta: spetta alla Chiesa fare il Catechismo.

La morte di un santo (24 settembre 1861)

La morte di Angelo Ramazzotti, il 24 settembre 1861, è la morte di un santo. Il primo segno è che muore, da patriarca di Venezia, in estrema povertà.

Aveva una villa estiva del patriarcato a Mirano, l'aveva data al Comune di Venezia per allestirvi un ospedale militare. Quando in quell'estate 1861 i medici gli dicono che deve prendersi un po' di riposo fuori Venezia, è ospite in una villa di nobili veneziani a Crespano del Grappa, in provincia di Treviso, con un viaggio in carrozza di due giorni, che fece temere per la sua vita. Soffriva di vizio alle coronarie, di asma penosissima che gli impediva di respirare e, negli ultimi giorni, aveva preso anche la erisipela, infiammazione cutanea che causava gonfiori alle gambe: non stava più in piedi.

Nel suo testamento lascia quei pochi soldi che aveva per i suoi dipendenti e le opere di carità: il notevole patrimonio familiare ereditato l'aveva speso tutto per il suo seminario missionario e le opere di carità e di educazione fondate a Pavia ed a Venezia.

 

Il secondo segno di santità è che dopo la morte il popolo veneziano subito lo acclama santo. Il card. Roncalli, che aveva studiato i documenti sui suoi predecessori, diceva nel 1958, quando portò la sua salma da Venezia a Milano: "Questa acclamazione a voce di popolo tocca il punto più luminoso di questa grande anima... Volesse il cielo che uno studio più profondo delle virtù e dei meriti di mons. Ramazzotti, e la devozione accresciuta alla sua memoria, determinassero anche per lui le circostanze più propizie per l'introduzione (della Causa di Canonizzazione), per una glorificazione corrispondente al voto dei suoi contemporanei - vox populi, vox Dei - ed a quel riconoscimento delle sue virtù che in occasione della morte il santo Pontefice Pio IX volle solennemente esprimere con pubblico documento, che confermava l'imminente creazione del Patriarca di Venezia a Cardinale della Chiesa romana (Breve di Pio IX, 7 ottobre 1861)".