Novità dal PIME

Mondo e Missione

Ostelli in Bangladesh, una casa per gli studenti (mer, 24 apr 2024)
I missionari del Pime, che hanno fondato le due diocesi di Dinajpur e Rajshahi, operano nelle parrocchie delle aree rurali offrendo sostegno ai giovani delle comunità tribali L’Istruzione come possibilità di riscatto dall’emarginazione sociale e dalla povertà. È questa l’idea alla quale si sono fin dal principio ispirati i missionari del Pime arrivati per la prima volta in Bangladesh nel 1855. Oggi, i sacerdoti dell’Istituto gestiscono una serie di ostelli per bambini e ragazzi appartenenti alle minoranze religiose ed etniche, sparsi tra le comunità rurali delle diocesi di Dinajpur e Rajshahi, entrambe fondate dal Pime e ora amministrate dalla Chiesa locale. Gli ostelli sono strutture in cui i giovani risiedono per potersi concentrare negli studi e dare una svolta alla loro vita. Le scuole governative del Bangladesh, infatti, sono molto scadenti e i bambini appartenenti ai gruppi tribali (soprattutto oraon e santal ma anche mahali, mandi o garo) non sono madrelingua bengalese e a volte hanno più difficoltà. In molti casi i genitori sono analfabeti, lavorano nei campi come contadini o alla giornata, facendo la guardia notturna o vendendo verdure. «Una missione senza ostello è morta», racconta padre Carlo Buzzi, in Bangladesh dal 1975 dopo essere stato per qualche anno prete diocesano. Oggi è sacerdote della parrocchia Ave Maria di Gulta, nella diocesi di Rajshahi, in cui, oltre ai dormitori per i bambini, ci sono anche una chiesa e un dispensario. «In Italia mi sembrava di perdere tempo, volevo andare dove c’era davvero bisogno, e un tempo il Bangladesh, dopo aver proclamato l’indipendenza nel 1971, era il Paese più povero del mondo». Nella missione di Gulta sono ospitati 50 ragazzi e ragazze, che frequentano la scuola pubblica locale. «Al pomeriggio sono seguiti nello studio e i genitori sanno che qui i figli possono ottenere un’istruzione di qualità. Alcuni provengono anche da 200 chilometri di distanza». I bambini sono tutti cristiani e indù per fare in modo che, in un Paese a stragrande maggioranza musulmana, anche le minoranze abbiano la possibilità di emanciparsi. Alcune missioni del Pime ospitano anche una scuola, come nel caso della parrocchia di Chandpukur, affidata a padre Ciro Montoya Belisario, sacerdote colombiano associato all’Istituto. «I ragazzi degli ostelli sono per scelta tutti indù e cristiani, ma le lezioni sono frequentate anche da bambini musulmani». Gli insegnanti chiedono fondi per la realizzazione di libri di testo nelle lingue natie dei tribali: «Per ovviare al problema abbiamo deciso di tenere le lezioni in lingue diverse: un giorno in inglese, un giorno in bengalese e gli altri negli idiomi indigeni», commenta il sacerdote. Altri missionari hanno invece puntato sullo sport: da buon brasiliano, padre Almir Azevedo, originario dello Stato di Maranhao, ha coperto con la terra un campo di riso della missione di Mo­ehshpur, parte della diocesi settentrionale di Dinajpur, per trasformarlo in un campo da calcio: «Lo sport aiuta a crescere. I ragazzi qui non hanno altri mezzi o divertimenti». E chissà, magari qualcuno potrebbe addirittura avvicinarsi al professionismo. Ma non mancano le competizioni più “tradizionali”: «Ogni anno a giugno organizziamo anche un torneo di tiro con l’arco per maschi e femmine, perché i santal in passato cacciavano con arco e frecce». Alcune parrocchie gestite dai missionari hanno anche un importante valore storico per i cristiani: nella comunità di Nobai Bottola, dove vive padre Arturo Speziale, 83 anni, ogni anno il 16 gennaio si svolge un pellegrinaggio in onore della Madonna. I cristiani del posto le sono particolarmente devoti perché nel 1971, durante la guerra di liberazione, i fedeli che si erano rifugiati nella chiesa furono risparmiati dall’esercito pakistano. Nella parrocchia, che si trova al confine con l’India, è ancora presente la statua originaria. «Si pregava con sentimento e paura, ognuno a modo suo. Spesso i soldati, temendo che anche i civili fossero combattenti, facevano piazza pulita», prosegue il missionario, che, dopo aver studiato l’induismo per quattro anni in India, è arrivato in Bangladesh nel 1972. «C’era tanta miseria al tempo. I ragazzini, per guadagnare qualcosa, davano la caccia ai ratti. Un topo grosso, oppure 4 o 5 piccoli valevano due taka», oggi pari a circa 20 centesimi di euro. Nonostante una presenza centenaria, i missionari del Pime in Bangla­desh hanno sempre nuove sfide da affrontare. Padre Paolo Ballan, parroco a Suihari, spiega che la missione, quando era nata, si trovava in un’area rurale. «Mentre ora Suihari è una periferia della città di Dinajpur, che conta 100 mila abitanti. Oggi bisogna prendersi cura di una realtà cittadina, le necessità sono diverse e abbiamo in progetto di cambiare la struttura della missione per intercettare queste nuove esigenze. Molti ragazzi di etnie diverse ora entrano in contatto tra di loro, e c’è bisogno di fare lavoro di integrazione», spiega il missionario. Negli ostelli della parrocchia sono ospitati 94 ragazzi e 61 bambine. «Avremmo potuto accogliere più studenti, ma abbiamo preferito puntare sulla qualità. La retta che chiediamo alle famiglie copre meno della metà della spesa necessaria per ogni ospite degli ostelli – continua il sacerdote – mentre il sostegno a distanza permette di pagare anche lo stipendio degli insegnanti che si occupano del doposcuola». La struttura delle missioni del Pime è stata poi replicata da tutte le parrocchie del Bangladesh, precisa padre Ballan. «Se in alcune aree di Dhaka gli ostelli oggi possono sembrare superflui, nelle aree tribali si dimostrano ancora fondamentali».    L'articolo Ostelli in Bangladesh, una casa per gli studenti sembra essere il primo su Mondo e Missione.
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I vescovi del Brasile per una società più giusta e fraterna (Tue, 23 Apr 2024)
È un’analisi lucida quella che i vescovi del Brasile, riunioni in Assemblea, hanno fatto del Paese e della Chiesa stessa, rilevando molti punti critici, ma anche alcuni motivi di speranza: «Soltanto la cultura dell’incontro può promuovere una società più giusta e fraterna» Si è conclusa da poco la 61° Assemblea generale della Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb). Il più numeroso episcopato del pianeta – conta più di quattrocento vescovi – si è riunito dal 10 al 19 aprile presso il Santuario nazionale di nostra signora Aparecida, nello Stato di San Paolo. Le prime due giornate sono state di ritiro spirituale guidato dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, sul cammino sinodale. Successivamente, i vescovi sono entrati nel pieno dei lavori assembleari che avevano come tema centrale: “La realtà della Chiesa in Brasile e l’aggiornamento delle sue linee-guida generali dell’azione evangelizzatrice”. Come sempre, il primo appuntamento li ha visti impegnati in un’analisi dettagliata del contesto sociale e ecclesiale brasiliano. Per il discernimento sull’Instrumentum Laboris, con i rispettivi dibattiti e riflessioni, si è scelta la metodologia sinodale, ovvero, la “conversazione nello Spirito”, intorno a 45 tavoli sinodali, dove i vescovi si sono riuniti come in piccole comunità. Come gli stessi presuli hanno dichiarato, «in assemblea abbiamo avuto l’opportunità di dialogare e riflettere sulla nostra partecipazione nella missione della Chiesa e nella società. È stato un momento di comunione e di valorizzazione delle nostre diversità». Due messaggi La Conferenza episcopale brasiliana non ha tuttavia consegnato alle comunità cristiane del Brasile le nuove linee-guida per l’evangelizzazione, come alcuni speravano. I vescovi, infatti, attendono le conclusioni del Sinodo sulla Sinodalità in corso, per poter far tesoro anche delle orientazioni che saranno date alla Chiesa universale. Tuttavia, i pastori hanno lasciato Aparecida con due messaggi: uno ai cristiani cattolici del Brasile, e un altro a tutto il popolo brasiliano. Nel primo, esprimono gratitudine e apprezzamento per l’impegno missionario delle comunità ecclesiali: «Lodiamo Dio per la carità che voi vivete, per l’amore a Gesù e ai fratelli, prendendovi cura degli infermi, degli anziani e dei più bisognosi». Aggiungono: «Incoraggiamo le pastorali, i movimenti e i diversi servizi a diventare sempre più missionari, andando verso tutti per offrire la gioia dell’incontro personale e comunitario con Gesù Cristo». Bello il richiamo ai cattolici affinché si mantengano uniti: «I valori della nostra fede sono preziosi e stanno al di sopra di questioni partitarie e ideologiche, che non ci devono dividere». Le polarizzazioni ideologiche, infatti, sono penetrate negli ultimi anni anche nelle comunità ecclesiali. Inoltre, in un Brasile sempre più plurale, i cattolici sono invitati ad aprirsi al differente: «Sappiamo rispettare chi la pensa diversamente, dobbiamo ascoltare, dialogare, senza perdere i nostri valori, ma aprendo il cuore per accogliere chi ha altre convinzioni». Scenario preoccupante Nel messaggio al popolo brasiliano, i vescovi scrivono: «Riaffermiamo e rinnoviamo la nostra opzione radicale e incondizionata per la difesa integrale della vita che si manifesta in ogni essere umano e in tutto il Creato». In perfetto stile profetico latinoamericano, i presuli non tacciono i mali che affliggono il Brasile e il mondo, mettendo soprattutto in evidenza che la pace è ovunque minacciata: «Le spese militari nel 2023 sono state le più alte dalla Seconda Guerra Mondiale». Anche rispetto all’attuale scenario del Brasile, i vescovi si dicono preoccupati: «Accompagniamo con dolore l’aumento della criminalità, delle milizie, del traffico di droga, della violenza nelle città e nelle campagne, del bullismo, del vandalismo, del razzismo, del traffico di persone e dello sfruttamento sessuale di bambini, adolescenti e persone in situazione di vulnerabilità; la realtà dei migranti, dei senzatetto, dei carcerati; la corruzione, il nepotismo, e il traffico di influenze violentano il Paese». Dinnanzi a questo quadro, invitano tutti ad essere costruttori di pace: «Dobbiamo costruire la pace che nasce dalla giustizia (cfr. Is 32,17)». Dialogo e fraternità Le divisioni presenti nella società brasiliana destano preoccupazione, anche in vista delle prossime elezioni amministrative. L’episcopato brasiliano invita a percorrere il cammino del dialogo: «Il recente passato ci insegna che la ricerca di soluzioni per il Brasile passa necessariamente per il dialogo e la comprensione». Inoltre, i vescovi si augurano che le prossime elezioni comunali possano essere un’opportunità per rafforzare la democrazia attraverso un voto cosciente e libero. Pertanto, «la coscienza civica dovrà stare al servizio degli interessi più profondi del nostro popolo, perché ci sono esigenze etiche per la realizzazione del bene comune […]. Siamo preoccupati che estremismi facciano del processo elettorale un palco di intolleranza e di ulteriore violenza, disprezzando il progetto di fraternità sociale». Amazzonia e popoli indigeni Non poteva mancare uno sguardo sull’immensa regione amazzonica. Senza mezzi termini la Conferenza episcopale brasiliana denuncia: «La Amazzonia soffre!». E segnala che le popolazioni che abitano nelle foreste o lungo i fiumi si trovano in una situazione di sfruttamento tale da non poter più vivere dignitosamente. In relazione alle popolazioni indigene, i vescovi chiedono un’attenzione speciale da parte di chi detiene il potere pubblico: «C’è bisogno di migliori politiche pubbliche nell’azione concreta in difesa dei popoli originari e di protezione delle loro terre, specialmente nel territorio yanomami». Segnali di speranza Nonostante tante situazioni difficili, l’episcopato non tralascia i segnali di speranza che provengono proprio dalle comunità cristiane, dove tanti uomini e donne di questo immenso Paese incontrano la carità della Chiesa. Infatti, «le comunità cristiane sono state esempi di solidarietà concreta, amicizia e responsabilità sociale. Emarginati nelle periferie sociali ed esistenziali, senza la possibilità di affrontare con dignità il quotidiano, molti incontrano nella comunità la mano tesa che tante volte non viene garantita dal potere pubblico». E concludono: «Soltanto la cultura dell’incontro può promuovere una società più giusta e fraterna».  L'articolo I vescovi del Brasile per una società più giusta e fraterna sembra essere il primo su Mondo e Missione.
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Greenland: la bidonville molto poco verde (Mon, 22 Apr 2024)
Si chiama “Terra verde”, ma di alberi non c’è neppure l’ombra. In quello che è il più grande slum di Khulna, in Bangladesh, c’è però un ambulatorio dove suor Roberta Pignone, missionaria dell’Immacolata e medico, prova a curare le malattie e a combattere contro il degrado Greenland è uno dei più grandi slum di Khulna con circa 20 mila persone, non molto distante dal nostro ospedale. Sin dalla prima visita, mi è entrato subito nel cuore: ci abitano molti nostri pazienti, curati sia per lebbra che per tubercolosi. Il mio sogno di aprirvi un ambulatorio è iniziato nel 2018 perché la gente non ha la possibilità di rivolgersi a noi facilmente. Ancora oggi, ogni volta che ci vado è un colpo al cuore: penso sempre che, in fondo, io ci passo solo poche ore, ma la gente lì ci vive tutta la vita. Le abitazioni hanno il tetto in lamiera e nessuna finestra, con il caldo estivo diventa insopportabile stare dentro, mentre nella stagione delle piogge la fogna, che è sempre a cielo aperto, inonda le strade e di conseguenza le case. La vita familiare non conosce alcuna intimità. Tutti sanno tutto di tutti. E se la sister – la suora – viene in visita, allora tutti si mobilitano portando i bicchieri o le tazzine belle per l’ospite. Tornata in Bangladesh dopo il Covid, ho chiesto a un nostro ragazzo di cercare un luogo idoneo dove fare un ambulatorio una volta la settimana e dove anche lui potesse accogliere i pazienti negli altri giorni. Abbiamo trovato una scuoletta, una piccola costruzione in lamiera, senza finestre, buia e cupa, ma che ci permette di ricevere i malati. Dopo qualche tempo, l’edificio è stato chiuso per lavori e per più di un anno sono stata ospite nella casa di una mia paziente, dove nulla era mai pulito e in ordine, ma dove ho potuto vedere da vicino come vive la gente. Tante cose che per noi sono scontate, lì non ci sono. I bagni, ad esempio, sono pubblici e non sempre vicini a casa, e dunque di notte ogni famiglia si arrangia come può. Andare lì è sempre un’esperienza forte. I pazienti non mancano. Komla viene puntualmente ogni settimana a prendere la sua terapia e anche lei ci ha offerto la sua casa per qualche mese quando la scuola era inagibile. Mariam, la sua nipotina, insieme ad altre due amichette vengono invece a prendere le caramelle e si siedono lì con me mentre faccio le visite; non è certo tranquillo, ma le bimbe portano gioia. C’è un’altra donna “affezionata”, si chiama Mina Begum, ed è una malata psichiatrica diventata ormai mia amica: ogni settimana viene per qualcosa di diverso, anche se credo che nemmeno li prenda i miei farmaci che di solito sono vitamine e che ne abbia una scorta non indifferente nascosta da qualche parte. Così stiamo portando avanti questa nuova avventura seguendo il desiderio del cuore di avvicinarmi a questa gente, che curiamo come possiamo, anche se non riusciamo a incidere sulle loro condizioni di vita. Per questo ci vorrà ancora molto tempo, anche per cambiare la mentalità. Ci vorranno tante mattine in ambulatorio, con le cucciole che saltano su e giù dal tavolo, ma sono sicura che prima o poi qualcosa migliorerà.  L'articolo Greenland: la bidonville molto poco verde sembra essere il primo su Mondo e Missione.
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Donne nella Chiesa: suor Regina parla al Consiglio dei cardinali (Thu, 18 Apr 2024)
Suor Regina da Costa Pedro, missionaria dell’Immacolata e direttrice delle Pontificie opere missionarie (Pom) del Brasile, è intervenuta al C9: «In questi incontri, il Papa e i cardinali non parlano di donne, ma le ascoltano e si lasciano sfidare» La direttrice delle Pontificie opere missionarie (Pom) del Brasile, suor Regina da Costa Pedro, missionaria dell’Immacolata, è intervenuta lunedì 15 aprile in Vaticano, alla seconda sessione di lavori del Consiglio dei cardinali (C9), alla quale ha partecipato anche Papa Francesco. Insieme a lei, altre due donne: Stella Morra, docente di teologia fondamentale, e suor Linda Pocher, docente di dogmatica, presso il Collegio Auxilum, delle Salesiane. L’incontro aveva lo scopo di dare voce a figure femminili provenienti da diverse parti del mondo per riflettere sulla presenza e sul ruolo delle donne nella Chiesa. Suor Regina, in particolare, ha insistito sul fatto che – come spesso ripete Papa Francesco – siamo di fronte a un cambio d’epoca non a un’epoca di cambiamenti. Questo modifica molto anche la prospettiva rispetto al rapporto tra Chiesa e cultura. Suor Regina ha fatto riferimento a due immagini bibliche evocate da suor Linda Porcher: quella del naufragio della barca di Paolo, negli Atti degli Apostoli, in cui la nave affonda, ma «nulla andrà perduto»; e quella del versetto di Luca 24,5 in cui di fronte al tempio di Gerusalemme, Gesù ricorda che «verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta». «Queste immagini – ha commentato suor Regina – ci dicono che, in questo momento di radicale cambiamento culturale, spesso abbiamo la sensazione che nulla resisterà. Ma appare una realtà nuova, poiché Dio guida la storia verso la salvezza». Durante l’incontro si è tenuto un momento di dialogo con i cardinali sulla presenza delle donne nella Chiesa e sui rapporti culturali e storici nelle varie realtà. I cardinali hanno condiviso le loro esperienze, presentando progressi e resistenze rispetto a questo tema, ed esprimendo un sostanziale consenso sulla necessità di cambiamenti. «Dopo i nostri interventi – ha raccontato la missionaria dell’Immacolata – c’è stato un momento di discussione e il Papa ci ha posto delle domande a cui abbiamo risposto, in un dialogo che è durato tutta la mattinata. La cosa più importante da sottolineare è che questa pratica è assolutamente nuova: cinque incontri, in cui i cardinali e il Papa ascoltano le donne. Non parlano di donne, ma ascoltano le donne parlare dei propri problemi e si lasciano sfidare», ha sottolineato suor Regina. La missionaria, in particolare, ha fatto riferimento anche al testo biblico della donna cananea (Mt 15,21-28) che incontra Gesù e viene da lui ascoltata. «Quella donna ha insistito ed è stata ascoltata da Gesù. Questo momento che stiamo vivendo sembra riproporre l’esperienza della donna cananea: essere donne che si fanno ascoltare e che portano il grido e la voce di tante altre donne», ha concluso suor Regina. Il Consiglio dei Cardinali (C9) Il Consiglio cardinalizio, a seguito del rinnovo dell’organismo da parte del Papa il 7 marzo 2023, è composto da 9 cardinali. Di qui l’appellativo C9. Ne fanno parte: Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano; Fernando Vérgez Alzaga, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa; Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay; Seán Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston; Juan José Omella Omella, arcivescovo di Barcellona; Gérald Lacroix, arcivescovo di Québec; Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo; Sérgio da Rocha, arcivescovo di São Salvador da Bahia. Il segretario è dom Marco Mellino, vescovo titolare di Cresima. Il 24 aprile 2023 si è svolta la prima riunione del nuovo C9. Il Consiglio è stato istituito da Papa Francesco il 28 settembre 2013, con il compito di aiutarlo nel governo della Chiesa universale e di studiare un progetto di revisione della Curia romana, quest’ultimo portato avanti anche con la nuova Costituzione apostolica Praedicate Evangelium, pubblicata il 19 marzo 2022. Il primo incontro del C9 si è tenuto il 1° ottobre 2013.  L'articolo Donne nella Chiesa: suor Regina parla al Consiglio dei cardinali sembra essere il primo su Mondo e Missione.
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